venerdì 6 agosto 2010

Sul ritorno.



Oggi la mia amica lascia la Russia per tornare in Italia.

Mi sembra di sentirla, la sensazione di quando sai che i tuoi occhi si stanno posando per l'ultima volta su quegli oggetti, su quel paesaggio, su quell'ambiente che per un pò hai chiamato casa.

Mi ha fatto ripensare a come ho salutato io Tokamachi prima di partire: ho cominciato tre giorni prima, girando in bici per tutti i posti che per me erano legati ad un ricordo... quelli che avevano ospitato alcune riprese del film, quelli dove avevo conosciuto amici nuovi, quelli i cui ci eravamo fermati a parlare di notte e quelli in cui amavo andare da sola.

Ho salutato tutto, persino le tazze del tè in cucina, e per tutto c'è stato uno sguardo un pò più lungo, nel tentativo ti imprimere quell'immagine più a lungo nella memoria.

Per ultimo ovviamente ho lasciato il tempio, quello con il laghetto pieno di carpe e di rane, le statue dei jizo, la grande campana e il gatto rotondo del monaco...
Ho parcheggiato la bici e davanti al Buddha ho staccato dal cellulare giapponese il mio manekineko con il campanellino; l'ho nascosto tra le piante esattamente di fronte alla statua: se non potevo io tornare ogni sera a guardarlo, in qualche modo lo avrebbe fatto lui per me.

Anche adesso quando di notte mi manca la mia passeggiata al tempio, penso al mio gatto e a quella parte di me ancora nascosta tra le foglie e mi sento un pò meno lontana.

martedì 27 aprile 2010

In un pomeriggio come un altro


Qualche ora prima ti suona il telefono e senti una voce dall'altro capo che parla in inglese, ma con quell'accento che riconosceresti lontano un miglio, e poi ti trovi seduta ad un tavolino in Piazza della Scala a chiacchierare con un ragazzo giapponese mai incontrato prima, a cui è stato cancellato il volo a causa del vulcano islandese dal nome impronunciabile.

E' l'importanza delle connessioni, dei nodi che si formano tra le persone.
Nuovi nodi rendono possibile un'infinità di nuove esperienze... e quindi può succedere che in un pomeriggio qualunque ti trovi a conversare con qualcuno che ha dormito nella stanza accanto a quella in cui tu hai passato tre mesi delle tua vita, in mezzo alle risaie di Niigata.

Qualcuno che ha vissuto per un pochino con le stesse persone con cui hai vissuto tu, che ha condiviso le stesse tazze, lo stesso ofuro, semplicemente perchè si è trovato a passare davanti a quella casa un po' speciale ed è stato invitato ad entrare.
Quel posto era proprio così: aperto.
Spesso capitava che i passanti buttassero l'occhio e venissero invitati ad unirsi a tavola, magari anche solo per un caffè italiano, anche solo per quattro chiacchiere.
Capitava anche che arrivasse qualcuno a notte fonda, mentre meditavi di andare a dormire, allora tutto ricominciava.
E' così che nascono le amicizie, le connessioni, le occasioni per conoscere talenti diversi.
Mai tirarsi indietro. Connettere più persone possibile.

Non è semplicemente perfetto? Il tempo che si trascorre in questo modo per me è il tempo meglio speso in assoluto.

domenica 25 aprile 2010

25 Aprile


Non so voi, ma io quando comincio ad intravedere da lontano il corteo che si raduna, le bandiere, i tamburi, ho sempre cinque minuti di magone.
Ma dove sono tutte queste persone di solito?
E non è solo perché è una bella giornata e fa un caldo agostano: ci sono mille magliette indossate in sostegno ad Emergency, c'è il banchetto che raccoglie le firme contro la privatizzazione dell'acqua (e che a fine serata ha esaurito i moduli mentre c'è ancora chi aspetta in coda per firmare), ci sono i partigiani che con il passo spedito sono già in Duomo prima ancora che in Porta Venezia ci si sia accorti che il corteo è partito.
Ci sono persone che hanno le idee chiare e che si fanno sentire.
E' solo che nei giorni qualunque, al supermercato, nelle macchine che ci affiancano mentre giriamo in vespa, in metropolitana, queste facce mi sembra di non vederle mai.
Oggi c'erano un sacco di famiglie, tantissimi (ma proprio tanti) bambini, immigrati, anzianissimi vispi che reclamano il sacrosanto diritto di parola per coloro i quali questa giornata l'hanno resa possibile e zittiscono chi farebbe senza dubbio meglio a tacere.

martedì 13 aprile 2010

Salone del mobile 2010 - preview

Da ieri la città è in fermento per l'inizio del Salone del Mobile: mai come in questi giorni c'è da girare a piedi.
Un pò per il traffico incredibile, un pò perchè ad ogni angolo può comparire qualcosa di insolito ... chessò, ad esempio una via Montenapoleone tempestata di lampadari di stoffa colorata.


Quest'anno ho aspettato il salone con impazienza: oggi per la prima volta ho avuto l'occasione di visitare alcune istallazioni in Triennale accreditata come stampa.

Poche persone, ancora qualche scatolone qua e là, ma non nello spazio Canon, semplicemente perfetto: una struttura geometrica e prismi colorati, fiori di ciliegio, pioggia di stelle ed una musica leggera.


Non so dire quanto tempo abbia passato qui dentro.


So solo che era tutto un susseguirsi di inchini e di "mi scusi", "prego" e di qualche convenevole in giapponese scambiato a voce bassa. Non ho avuto nemmeno il coraggio di prendere un succo d'ananas offerto dal catering, per paura di sembrare scortese.


Da domani riprendo il mio progetto di reportage da spedire dall'altra parte del mondo...


lunedì 5 aprile 2010

...ad esser curiosi...



La prima volta che ho guardato tra le inferite di villa Invernizzi è stato durante un'incursione notturna estiva in motorino.
Quando ho visto quelle macchie rosa tondeggianti a mezz'aria muoversi lente intorno alla fontana non ho capito subito... c'è da dire però che l'ipotesi che si trattasse di fenicotteri non era esattamente delle più probabili.
Ora è una delle attrazioni della città che preferisco, prima di tutto perchè via Cappuccini è vicina ai giardini di via Palestro: basta uscire dal parco e fare due passi tra i palazzi liberty.
Quello che mi piace non è tanto poter vedere i fenicotteri in città, che a ben guardare mi fanno una tristezza infinita come gli animali dello zoo, ma è la scoperta.
E' l'idea di guardare attraverso le inferiate per scoprire una realtà diversa e inaspettata.
E' la sorpresa.
E' lo stesso motivo per cui, se non ci sono tende, guardo nelle case degli altri...


giovedì 18 marzo 2010

Tradizione

Ho pensato l'altro giorno che è già passato un anno da quando sono partita per la prima volta verso
Tokamachi.
Mi ricordo che in aeroporto, dopo aver salutato tutti mentre scendevo con le scale mobili nell'area riservata ai viaggiatori, ho pensato che ero da sola e non sapevo dove stessi andando... non mi immaginavo niente di quello che poi è successo realmente.
Ma non è tanto dell'andata che vorrei parlare ora, quanto del ritorno.
Pare ci sia una tradizione che si ripete, indipendentemente dalla mia volontà, il giorno prima che io lasci il Giappone: per un motivo o per l'altro, sembra sia destino che ci si debba salutare dall'alto.
Una volta perchè vengo coinvolta in una scalata aziendale sul Kintokiyama, una volta perchè si partecipa alla cerimonia dei sette anni (di cui scriverò in seguito) verso il santuario più antico di Niigata, e una volta perchè... mi trovo di fronte alla Tokyo Tower e non posso non salire.

Su per giù 330 metri di torre, uguale ma più alta rispetto alla sorella ispiratrice francese.
Questa volta ero da sola, in esagerato anticipo rispetto all'appuntamento per il quale ero uscita: ho fatto la fila insieme alle scolaresche, ai ragazzini che si facevano le foto con il cellulare, e ho aspettato il mio turno dietro la linea gialla per prendere un ascensore ultrafuturistico e semibuio, illuminato da led di colori variabili.
Una volta in alto, Tokyo a 360 gradi, dall'oceano al Fuji San.

I grattacieli accanto ai templi, i parchi nascosti, i campi
da baseball delle scuole, le sopraelevate.
Un formicaio che dal basso non rende giustizia alla sua vastità.
Dall'alto non se ne vede la fine, se non nei giorni limpidi in cui il Fuji è l'unico punto di riferimento naturale.


Era quasi sera, mi sono goduta il saluto con la luce più bella.


Sull'assenza


Non è che non abbia da scrivere o che mi sia dimenticata i buoni propositi, ma in questo momento sembra che il lavoro stia dando i suoi frutti.
Inoltre la mia testa, anche se non si vede ancora, sta lavorando parecchio alla casa, alla camera in particolare e alle betulle che dipingerò sulle pareti unitamente alle quattro stagioni.
E' ancora tutto qui dentro ma presto lo vedrete anche voi.
E perdonate l'assenza.

lunedì 8 febbraio 2010

Yayoi Kusama a Milano


... ovvero quando un ricordo bussa alla porta.

C'era una scultura bellissima a Tokamachi, per essere precisi alla stazione di Matsudai: un fiore tentacolare di mille colori, tutto ricoperto di pois, in mezzo al verde dei prati e vicino al fiume.
Mi piaceva guardarla ogni volta che passavo in macchina con Higuchi san, e la volta che gli altri sono entrati al museo e io mi sono fatta lasciare fuori, sono salita sulla collinetta per guardarla da vicino.
Sono rimasta un pò lì ad osservare le libellule, poi sono scesa al fiume.

Poi sono tornata in Italia.

Fatto sta che in questo inverno freddissimo ad un certo punto ho visto i manifesti con la foto di una enorme zucca gialla a pois neri, ma non ho detto niente a nessuno, pensando forse che non avrei trovato molti candidati disposti a venire con me alla mostra.
Forse ero anche un pò restia all'idea di sovrapporre altre immagini al ricordo del fiore tentacolare.
Ma quando Angela a sfoderato la locandina non ci sono più stati santi.

Un enorme fiore variopinto su sfondo pimpa era esattamente quello che ci si poteva spettare all'ingresso della mostra: quello che invece non mi sarei aspettata per niente è stato lo scoprire che questi innumerevoli Polka Dots (non è un bellissimo nome per un gatto???) che io chiamavo incoscientemente pois, non sono per niente frutto di un'anima allegra ma di una specie di ossessione maniacale.

... ma dopotutto la poesia è di chi la legge, e una scultura è altrettanto: a me continuano a mettere allegria!


Ps: se solo fossi un po' meno pigra ci sarebbero talmente tante cose da fare e vedere a Milano...

mercoledì 27 gennaio 2010

Memento


Da tempo ho voglia di ricominciare a scrivere: su questo blog, ma anche e soprattutto sui miei diari, sui miei quaderni durante i viaggi in metrò.

Ho riletto pagine di 5 o 6 anni fa e improvvisamente ho rivissuto intere serate o pomeriggi in biblioteca a Baggio, ho ricordato persone, frasi, prime impressioni.
Ho scoperto anche qualche bugia, di quelle che poi con il tempo saltano fuori e fanno quasi tenerezza.
Ho avuto voglia di rivedere amici che avevo un pò perso, e poco importa se uno di questi, dopo aver ricevuto un mio messaggio tipo "come stai? ho voglia di vederti" , si sia presentato chiedendo se avessi deciso di sposarmi o se ci fossero altri grandi notizie che giustificassero l'evento.

Voglio scrivere perchè quando rileggerò queste pagine tra anni magari scoprirò qualcosa di nuovo che adesso non vedo, mi ricorderò dell'umore da lavoro precario e del senso di meraviglia mista a vago smarrimento di fronte alle mille possibili combinazioni di sanitari per la mia prima casa.
Voglio scrivere per me, conservare delle tracce.

Morale: ricominciare a scrivere richiede un minimo di ufficialità, non si può mica fare su un quaderno qualunque.
Va scelto apposta, tanto più che dal mio ritorno dal Giappone, la copertina di stoffa con i fiori di pruno che mi ha regalato Kimie si sta impolverando sul comodino.
Qui libri di quel formato non si trovano, ma diari si: ne ho trovato uno su cui calza a pennello.

venerdì 1 gennaio 2010

2010


Chissà com'è che ci si trova a sperare sempre che la mezzanotte del 31 dicembre abbia qualche strano potere catartico che le altre notti non hanno, come se davvero fosse diversa e concedesse di voltare pagina.
Magari è così davvero.

La mia mezzanotte è stata incredibilmente serena, a fianco di persone nuove e piacevoli, in un clima stranamente tranquillo, in cui anche i botti della Barona sono sembrati attutiti per lasciare spazio alle fontane colorate che comparivano nella nebbia.
Ecco, vorrei che questo 2010 fosse così: un anno in cui tutti avessero la possibilità di cogliere le occasioni che capitano, di godersi i nuovi incontri, di accogliere ogni nuova esperienza senza paura, di scegliere la propria strada.
Con decisione, ma senza rivoluzioni troppo rumorose nella propria vita.

La rivoluzione che davvero serve verrà di conseguenza e sarà molto più grande.